Dimmi che botte usi e ti dirò che vino sei

Aprile 21, 2020 Categoria:

La vinificazione in botte può essere definita come un’arte nell’arte: se infatti produrre vino d’eccellenza è un’attività che, nelle sue espressioni migliori, può essere assimilata al gesto artistico, conservare il vino e farlo invecchiare in condizioni ideali è a sua volta un combinato dagli equilibri estremamente delicati, disposto tra creatività e rigore filologico.

Le origini della vinificazione in botte – un settore in cui Alser Vini si distingue da anni nell’area di Peschiera Borromeo – si perdono nella notte dei tempi. Di sicuro già i popoli antichi, a partire dai Romani del tardo Impero (dal 250 d.C. circa), conoscevano e apprezzavano le capacità delle fibre di legno di determinare il sapore del vino e la qualità del suo invecchiamento.

Certo, all’epoca non si parlava di tannini, e termini come “corpo” o “struttura” non erano certo associati al frutto di Bacco; ma le botti in legno esistevano eccome, e la materia prima era scelta con grande cura.

 

L’importanza del legno nel processo di maturazione

Insomma i Romani avevano già capito che la produzione di un vino di qualità passa anche dalla scelta del recipiente dove il liquido dovrà riposare e invecchiare. Una consapevolezza che, attraversando vari stadi evolutivi, è giunta fino a noi, perfezionata e raffinata.

Oggi, scegliere il legno giusto per la vinificazione in botte è quasi una specialità a sé. Ogni varietà di vino necessita del suo legno per invecchiare nella maniera corretta. Questo dal momento che l’osmosi chimica – ed ecco dunque fare il loro ingresso in scena i famosi tannini, che dal legno delle botti trasmigrano nel liquido – e organolettica tra contenitore solido e contenuto liquido è determinante nel processo di costruzione sia del gusto e degli aromi del prodotto finale, sia della sua consistenza e della cosiddetta struttura.

Va da sé quindi che i contenitori utilizzati per la vinificazione in botte non sono dei banali oggetti in legno: basti pensare che in Scozia i produttori di whisky, gelosissimi del loro liquore e attentissimi alla sua preparazione, pretendono di invecchiarlo – d’altronde sono obbligati a farlo per legge – solo in botti che hanno già ospitato del vino di Porto e nient’altro che quello.

 

I migliori legni per la vinificazione in botte

Ma quali sono i legnami comunemente utilizzati per il processo di vinificazione in botte?

In Francia si privilegiano alcune varietà di rovere, dalle più nobili alle più dozzinali. Ciascuna varietà cede al vino proprietà cromatiche, strutturali e organolettiche ben precise; di conseguenza, a seconda della regione e del tipo di produzione, si tende a privilegiare un rovere specifico rispetto agli altri.

In Italia c’è una maggiore varietà. Il rovere è utilizzato, ma non in maniera così intensiva; altri legni pesanti, come il castagno o il ciliegio, molto adatti ai lunghi invecchiamenti, denotano una presenza abbastanza assidua all’interno della produzione nazionale.

Il ginepro è responsabile delle caratteristiche note aromatiche della grappa, ma è sconsigliato per invecchiamenti troppo lunghi, dal momento che cede troppe sostanze e rischia con ciò di alterare irrimediabilmente il sapore del liquido. Il legno di mandorlo, invece, è apprezzato per il sapore caratteristico che riesce a conferire al vino anche con un invecchiamento breve. Altri legni utilizzati, seppure non in maniera intensiva: melo, acacia e frassino.